WILLIAM NICHOLSON
IL CANTO DELLE FIAMME
(Firesong, 2002)
PROLOGO
Coraggio Jumper, salta!
Albard era rimasto nascosto fra le rovine per tre giorni e tre notti e nes-
suno si era accorto di lui. Era rimasto per tutto il tempo in uno stato di
dormiveglia, come se fosse appena uscito da un sogno, troppo debole per
muoversi, per parlare. Vide il sole passare sopra di lui, e poi le stelle. Co-
minciò ad avere freddo, sempre più freddo. Era affamato, sapeva che stava
morendo e che non poteva far nulla per evitarlo; e in ogni caso non gliene
importava niente. Era solamente sorpreso da quanto tempo ci volesse, e
leggermente spaventato da ciò che sarebbe accaduto nel momento estremo
quando la morte, che in fin dei conti è una forma di vita, sarebbe giunta a
compimento. Si preparò perciò a morire e a intonare il canto del popolo dei
Cantori, per liberare lo spirito. A differenza della gran parte dei canti del
popolo dei Cantori, questo aveva delle parole. Le labbra di Albard non si
mossero. Non un suono usciva da lui. Ma nella sua testa cantava:
Gioia dei miei giorni, lasciami andare
Giorni della mia vita, lasciatemi andare
Vita del mio cuore, lasciami andare
Lasciami andare, lasciatemi andar lontano...
La sua voce gli sembrava dolce e tranquilla, e pensò che presto si sareb-
be assopito. Il dolore era scomparso e la città in rovina intorno a lui era
avvolta dal silenzio. Aveva pletamente la cognizione del tempo
e non sapeva più che ora fosse, né che periodo dell'anno. Per lui era il tem-
po della fine.
Cuore della mia vita, lasciami andare
Vita dei miei giorni, lasciami andare
Giorni della mia gioia, lasciatemi andare
Lasciatemi andare, lasciatemi andar lontano...
Poi, mentre il canto si faceva via via più flebile nella sua flebile anima,
sentì un rumore nuovo: un rumore di passi che si avvicinavano. I passi
sopraggiungevano impetuosi, come se l'invisibile visitatore avanzasse a
sal
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